Questa primavera mentre
arrancavo ancora nella morsa dell’inverno un albero mi disse : guardami meglio
e capirai !
Ecco
ciò che ho visto e quanto ho capito.
Quando
guardiamo un albero viene spontaneo percepire il suo slancio verso l’alto.
Questo movimento che avviene molto lentamente, anno dopo anno, i nostri occhi
lo leggono nelle tante ramificazioni che si allargano progressivamente
nell’aria. Alcuni vedono persino il
movimento estremamente rallentato di una fontana con le gocce che
ricadono attorno al getto principale diretto verso il cielo.
Questa
lettura tuttavia ci porta ad un inganno perché a questo slancio associamo anche
un flusso di materia (acqua, minerali,…) che l’albero porta su dalle radici sino
alle foglie tramite la linfa. In un certo modo il nostro occhio ci porta a
pensare che tutta la sua costruzione legnosa sia il frutto di un attività
estrattiva che trasferisce lentamente materiali piccolissimi provenienti dalla
terra per trasformarli tramite la famigerata fotosintesi clorofilliana in
mattoncini di legno. L’albero quindi viene visto come un “frutto” della terra.
In
effetti le cose non sono cosi perché oltre il 95% della massa dell’albero
proviene dall’atmosfera e
meno del 5 % proviene dalla terra.
Se
aggiungiamo che tutta l’energia usata per assicurare la crescita di questa
massa vegetale proviene soltanto dal nostro caro sole allora possiamo
tranquillamente affermare che quando guardiamo un albero stiamo vedendo il
frutto del cielo e del sole. Possiamo cosi riprendere l’espressione biblica
dicendo che contrariamente alle apparenze l’albero nasce dall’alto.
Se
prolunghiamo questo rovesciamento dello sguardo con le conoscenze relative al
BRF,
allora scopriamo che, a dirittura, è la terra fertile stessa ad essere il
frutto dell’albero e non il contrario.
Il
processo naturale di produzione di humus nasce proprio dalla grande
disponibilità di rametti e di foglie sul suolo. Senza il loro rilascio da parte
dell’albero, non potrebbero innescarsi nel suolo quelle bombe vitali che
riescono ad aggradare un mondo minerale morto in un ambiente in grado di
generare infinite forme di vita.
Quindi
a questo punto, non solo l’albero ma anche la terra fertile nasce dall’alto.
Se
avete voglia di seguirmi ancora, ecco altre cose che ho visto e spero capito. I
lettori esperti di botanica mi scuseranno per l’uso di termini forse troppo
generici per il loro gusto.
Abbiamo
tutti notato la grande differenza di comportamento tra 2 grandi gruppi di
alberi, le conifere e i latifoglie. Nella storia del nostro pianeta i primi
sono i più antichi ed erano i padroni della terra ora sono stati ampiamente
superati dai secondi.
Con
poche eccezioni i primi tengono le loro foglie (gli aghi) tutto l’anno. Ciò li
rende sempre uguali a loro stessi con poche variazioni nell’arco dell’anno.
Quasi tutti i secondi invece (almeno alle nostre latitudini) si spogliano al
punto di sembrare morti nel periodo invernale. Tra i primi troveremo gli alberi
più alti, più grossi e più vecchi del pianeta potremo quasi dire i più forti
eppure è tra i secondi che la vita si diverte di più in una gamma infinita di
variazioni. Questo loro ciclo vitale cosi sensibile alla disponibilità della
luce integra perfettamente il momento in cui la luce viene a mancare cosi come
il momento in cui ritorna. Hanno imparato ad adattarsi alla riduzione della
fonte energetica. Potremmo forse dire che si adattano per limitare il dolore e
salvare la propria vita. Ed è proprio questa capacità di pianificare l’abbandono
del proprio fogliame nonché il recupero
e lo stoccaggio nei rametti di tutte le sostanze più nutriente a diventare
una fonte di vita per tanti altri esseri viventi e per loro stessi. Tutto
questo materiale che cade in autunno avvia una vasta catena alimentare che
consente l’aggradamento del suolo e la produzione di terra fertile.
Quando
la luce ritorna, i latifogli liberano subito e con poco sforzo le riserve
accumulate nelle ramaglie cioè nei pressi delle gemme, dei fiori, mentre la
linfa stenta ancora ad arrivare e ci offrono ad esempio lo spettacolo
incredibile dei ciliegi in fiore…
Possiamo
dire che in milioni di anni di evoluzione, gli alberi hanno imparato proprio
bene a nutrire la loro vita e quella di chi le circonda,… Intorno alle potenti
conifere della prima ora e al loro andamento che sembra imperturbabile, la
biodiversità non aumenta nella stessa misura, li il terreno rimane acido, la
fertilità cresce poco.
A
volte noi umani, che siamo una specie cosi giovane rispetto agli alberi, siamo
attratti dalla potenza apparente delle conifere ma poi facciamo fatica ad
integrare nella nostra vita quei momenti in cui l’energia per qualche motivo si
riduce. I latifogli ci invitano ogni giorno dell’anno ad amare questa nostra
apparente fragilità che i nostri occhi associano alla morte quando invece è il
motore della vita.
Nessun commento:
Posta un commento